martedì 3 settembre 2013

J.J. Cale, my favourite "Guitar Man"





Poche righe sul suo sito in sintonia con la sobrietà  ruvida del personaggio. «JJ Cale è morto alle 8 di sera del 26 luglio allo Scripps Hospital di La Jolla, California, per un attacco di cuore. Non servono donazioni ma visto che l'artista amava gli animali, potete fare beneficenza a qualsiasi ricovero per bestiole in difficoltà». Punto. Poche righe e un grande che se ne va, JJ il solitario, nato nel 1938 a Oklahoma City, cresciuto a Tulsa, figlio di un'America in bianco e nero. 

Una decina di dischi in quarant'anni di carriera, rarissime apparizioni live. Un'esistenza ai margini dello show business  quella del «trovatore» Cale. Il mondo vorace del rock  tentò di cavalcarne il talento magnetico, sornione, morbido come seta. In realtà fu JJ a domare la bestia  luccicante costretta a versare ogni mese centinaia e centinaia di dollari di royalties sul suo conto, permettendogli dunque di non venire a patti con alcun compromesso e di ritirarsi quando era ancora giovane in un ranch nel deserto meridionale della California. Qui abitava con i suoi cani. 

Quando aveva voglia mister Cale montava in macchina, arrivava in città come un cowboy in libera uscita e incideva un disco. Tutto qui. Eppure il suono è unico. Quel modo di far vibrare la chitarra. Il timbro di JJ. Un mood pigro, una voce  «laconica», quasi monocorde, perfetta per raccontare storie di confine, amori veloci, pezzi ombrosi e frastagliati di States. Una voce per ballate introspettive, vagamente malinconiche. Quello di Cale è uno stile prezioso dentro il quale si muovono pochi generi essenziali: il blues, il country, il rock'n'roll.

 L'apice della carriera è negli anni 70 quando Eric Clapton si invaghisce di After Midnight, un brano che JJ aveva composto un decennio prima. È grazie a quella canzone che Cale riesce a firmare un contratto discografico. Nel 1976, poi, la svolta con Cocaine, 2 minuti e 48 secondi in quell'album bellissimo e seminale che è Troubadour. Clapton produce la sua cover: un successo stellare. Ma non è solo slow hand a godere del genio di JJ. Una lista infinita di artisti ha saccheggiato il suo repertorio: Santana, The Band, Captain Beefheart, Johnny Cash, Randy Crawford, i Deep Purple, Dr. Feelgood, Lynyrd Skynyrd, Tom Petty. 

Pochi dischi ma grandi perle: Call Me The Breeze, Magnolia, Bringing It Back, Cajun Moon. Senza JJ non sarebbero esistiti, probabilmente, neppure i Dire Straits. Se ne va in silenzio il nostro Guitar Man preferito con gli occhi azzurri piantati a guardare l'orizzonte immenso del deserto. Se ne va a passi lievi, con le sue note perfette, con il suo blues da piangere che oggi è anche il nostro.

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