per esteso, l'insegna dice:
"pizzeria dei marmi". ma non c'è uno in questo budello di
caput mundi che l'abbia mai chiamata così. qui è detta, ovvero
unanimente riconosciuta, come "pizzeria l'obitorio". o per
la precisione "obitorio" che i passati proprietari,
famiglie moroni e casini, s'encazzavano pure un bel po', toccandosi
le parti basse senza manco fingere improvvisi danni prostatici.
sta qua da
sempre, l'obitorio, viale trastevere, circa 2mila tavoli in marmo
bianco da anatomopatologo e una corte di infermieri-camerieri che va
e viene a duemila mentre la caposala, biondissima occhialuta e
procace, chiama a voce alta 22 margherite, 15 capricciose, 18 napoli,
6 ortolane (una senza alici). bisturi, plis.
è una fabbrica,
è il ministero della pizza romanesca, sottile, ostia croccante,
niente de che, ma il rito è rito, e l'obitorio ne fa parte perché è
qui, e qui resta. a dispetto del tempo, e sempiterno, con le pale dei
ventilatori che gracchiano e graffiano il soffitto, il bancone di
marmo, l'alzatina degli alcolici compresa una boccia di liquore
strega, ormai più verdognola che gialla. uguale, uguale, anche a
ripescare i ricordi più lontani, con la scritta al neon: supplì al
telefono, filetti caldi di baccalà, fagioli al fiasco, con le
cotiche, con l'osso di prosciutto, e la magnifica insalata
capricciosa, mai mangiata, ultimo e inespresso desiderio da rimandare
per quando sarà tardi per davvero.
ma all'obitorio
non è tardi neanche alle 2 del mattino. che gli infermieri-camerieri
spingono de brutto, col nome sulle camiciole bianche, ma basta che li
chiami "capo" e arrivano, cioè accorrono al capezzale,
strusciando piedi, piedi che percorrono chilometri, chilometri
d'asfalto e carciofini, un miliardo di uova sode, tremila tonnellate
de pommodoro e mozzarella.
li chiami capo,
tutti, tranne lui, valerio, spiccicato a bernard blier, l'immenso
spaccapalle della commedia francese, e poche ciance. che qui la pizza
s'accompagna a gazzosa Neri e 'na fojetta, quarto di vino castellano
bianchissimo e rughetta "nun ce sta", al massimo cicoria
ripassata, e l'anguria calda arriva mescolata ai cubetti di ghiaccio.
e roma pare roma.
con gli
avventori, fuori in fila che te controllano il tempo che ce metti,
orologio al polso, il tempo che scivola grandioso tra un'oliva
ascolana e un fiore di zucca, un tavolo di marmo che si libera e una
rosa - comprarosaeddai - che appassisce prima che valerio porti il
conto.
heroes.
just for one day.
Daniela Amenta
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