giovedì 21 novembre 2013

Obitorio


per esteso, l'insegna dice: "pizzeria dei marmi". ma non c'è uno in questo budello di caput mundi che l'abbia mai chiamata così. qui è detta, ovvero unanimente riconosciuta, come "pizzeria l'obitorio". o per la precisione "obitorio" che i passati proprietari, famiglie moroni e casini, s'encazzavano pure un bel po', toccandosi le parti basse senza manco fingere improvvisi danni prostatici.
sta qua da sempre, l'obitorio, viale trastevere, circa 2mila tavoli in marmo bianco da anatomopatologo e una corte di infermieri-camerieri che va e viene a duemila mentre la caposala, biondissima occhialuta e procace, chiama a voce alta 22 margherite, 15 capricciose, 18 napoli, 6 ortolane (una senza alici). bisturi, plis.
è una fabbrica, è il ministero della pizza romanesca, sottile, ostia croccante, niente de che, ma il rito è rito, e l'obitorio ne fa parte perché è qui, e qui resta. a dispetto del tempo, e sempiterno, con le pale dei ventilatori che gracchiano e graffiano il soffitto, il bancone di marmo, l'alzatina degli alcolici compresa una boccia di liquore strega, ormai più verdognola che gialla. uguale, uguale, anche a ripescare i ricordi più lontani, con la scritta al neon: supplì al telefono, filetti caldi di baccalà, fagioli al fiasco, con le cotiche, con l'osso di prosciutto, e la magnifica insalata capricciosa, mai mangiata, ultimo e inespresso desiderio da rimandare per quando sarà tardi per davvero.
ma all'obitorio non è tardi neanche alle 2 del mattino. che gli infermieri-camerieri spingono de brutto, col nome sulle camiciole bianche, ma basta che li chiami "capo" e arrivano, cioè accorrono al capezzale, strusciando piedi, piedi che percorrono chilometri, chilometri d'asfalto e carciofini, un miliardo di uova sode, tremila tonnellate de pommodoro e mozzarella.
li chiami capo, tutti, tranne lui, valerio, spiccicato a bernard blier, l'immenso spaccapalle della commedia francese, e poche ciance. che qui la pizza s'accompagna a gazzosa Neri e 'na fojetta, quarto di vino castellano bianchissimo e rughetta "nun ce sta", al massimo cicoria ripassata, e l'anguria calda arriva mescolata ai cubetti di ghiaccio. e roma pare roma.
con gli avventori, fuori in fila che te controllano il tempo che ce metti, orologio al polso, il tempo che scivola grandioso tra un'oliva ascolana e un fiore di zucca, un tavolo di marmo che si libera e una rosa - comprarosaeddai - che appassisce prima che valerio porti il conto.
heroes. just for one day.
Daniela Amenta


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